Whatever you're going through I wanna be there for you

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Gloredhel
Posted on 5/9/2009, 10:09




noooooooooooooo blair....OMG O_O
 
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marci#
Posted on 6/9/2009, 01:09




Eccomi, con il nuovo!

L'ispirazione per questo capitolo mi è venuta quando mi son trovata da sola in bici in una via di campagna completamente buia e con rumori sinistri xD
Mi son immaginata la scena di me aggredita XDD

20. Previously
Chuck
“Dove diavolo si è cacciata?!” per la quinta volta, Chuck ripeté la stessa frase, più a se stesso che ad altri.
“Tu non pensi… che possa c’entrare qualcosa con la sparizione di Lily?” azzardò Vanessa. Si avvicinò un poco a Chuck. Era la prima volta che si parlavano di nuovo, dopo quell’imbarazzante ultimo dialogo. Chuck nemmeno la guardò, e continuò a solcare il pavimento. La battuta di Dan sul fatto che da lì a poco avrebbe scavato un buco se non si fosse messo fermo non fece ridere nessuno.
“Non è a casa, non è da noi, non è a Brooklyn, nessuno della mia rubrica l’ha vista, nessuno l’ha incrociata nei posti che di solito frequentiamo. Gossip Girl non ha pubblicato nulla su di lei. Senti, io credo che sia scossa, starà camminando da qualche parte…” nemmeno lei credeva a quello che stava dicendo, e certamente non ci credeva Chuck.
Il ragazzo appoggiò le mani al tavolo, fissandolo intensamente. “Vado a cercarla”
Nate che si era materializzato lì da poco, fece per seguirlo. Serena, quasi meccanicamente, si unì al gruppo. La ragazza afferrò il cappotto e chiese a Dan di continuare a cercare e rimanere lì al college nel caso tornasse a prendere le sue cose. Vanessa, se pur non interpellata si unì a Dan nella promessa che avrebbe fatto tutto il possibile. La porta sbatté violentemente dietro di lei, facendo vibrare i vetri delle finestre che davano sul campo del campus.
“Sempre drammatici” sussurrò Vanessa.
Dan si limitò a lanciarle un’occhiataccia, e riprese in mano il cellulare.

Il sole scendeva lentamente, dietro le sagome dei grattacieli.
Chuck camminava spedito, più avanti degli altri due, chiedendo di volta in volta ai passanti se per caso avessero visto una ragazza mora, vestita in modo molto elegante, alta più o meno così…
Sebbene fosse meno piena del solito, per colpa dell’inquietante freddo estivo, continuavano a transitare per la strada milioni di persone. Impossibile immaginare dove potesse essere scappata Blair. Continuarono a cercarla per ore, ogni tanto sentivano gli altri, per sapere se per caso fosse tornata a casa. Magari gli stava solo facendo un sadico scherzo, li voleva far soffrire un po’ scomparendo, ma date le circostanze, convennero tutti che sarebbe stato uno scherzo di pessimo gusto, non da Blair. Lei che più di ogni altro sapeva come si sentissero in quei giorni i suoi amici, l’angoscia di sapere che non sai se la persona che ami sta bene o male, se gli manchi o no. Mai avrebbe fatto un simile scherzo.
La luce si attenuava di minuto in minuto, di secondo in secondo.
Nessun segno da Blair. “Ho un brutto presentimento” disse Serena piano, per non farsi sentire da Chuck. “Mi ricordi una volta che i tuoi presentimenti si siano rivelati giusti?” Nate provò a fare la voce seria, ma uscì un ibrido non identificato.
“Scemo. Dimmi dov’è allora! Conosco Blair, l’ho cercata in tutti i posti in cui potrebbe essere e…”
“E lei conosce te. Senti, se non vuole essere trovata, ti assicuro che Blair sa come fare” Nate le passò un braccio intorno alla spalla. Il discorso filava, ma Nate non credeva a tutte le cose che aveva detto.
Non veramente.
Ma voleva far sentire meglio Serena, e quello era esattamente il genere di parole che la ragazza aveva bisogno di sentire. Serena accettò il braccio di Nate su di sé con un certo piacere.
Svoltarono parecchi angoli, seguendo la furia ceca di Chuck. Interrogarono un vecchio con il bastone tremolante, una bimba con un gran gelato e un gruppo di ragazzi alti e inquietanti, riuniti a crocchio intorno a una panchina. Sembravano in riunione, tutti vestiti in modo simile e pieni di tatuaggi. “L’avete vista?” chiese paziente Nate.
Tra tutti i ragazzi, spuntò una voce femminile. Nate e Serena l’avevano scambiata per un ragazzo, ma toltasi il cappello le si illuminò un viso femminile e aggraziato. Lunghi capelli corvini le ricadevano sulla schiena. Masticava rumorosamente una gomma. “Correva come una forsennata?”
Il viso di Chuck riprese colore e si girò verso di loro “Si, probabilmente” tastò le tasche e cercò nel suo cellulare una foto di Blair, chiedendosi stupidamente perché non lo aveva preso fuori prima “è questa?” domandò veloce.
“Um um” tranquilla, la ragazza continuava a masticare la sua gomma, noncurante dell’apprensione tangibile dei tre ragazzi davanti a lei. “Stavo attraversando la strada e mi è venuta addosso! Non guardava dove andava. Che hai fatto le hai spezzato il cuore?” disse ridendo. Aveva una risata cristallina, ma cupa, senza gioia.
“Da che parte è andata?”
Ancora ridendo con i suoi compari, la ragazza segnò una via alle sue spalle. “Si è infilata là. Auguri…” disse enigmatica e scoppiò nella stessa risata di prima, seguita dai tipi che la accerchiavano.
Chuck corse subito da quella parte, seguito a ruota da Serena e Nate, che non riuscivano a tenere il suo passo. Ancora per molti passi echeggiarono le fredde risate dei ragazzi della panchina. Svoltarono molti vicoli. Uno dopo l’altro, uno uguale all’altro. Chuck nutriva la segreta speranza che Blair si fosse persa lì in mezzo e stesse aspettando da qualche parte che qualcuno la portasse fuori. Ormai era scesa la notte. Qualche rada stella rendeva il cielo di un nero opaco. Chuck smise di camminare all’incrocio tra due strade. Non aveva la più pallida idea di come proseguire. “Questo posto non mi piace, siamo sicuri che quelli dicessero la verità?” fece notare Serena. “Oh, io lo adoro invece e quelli mi sembravano dei così bravi ragazzi, soprattutto quello grosso come un armadio con il teschio tatuato sul braccio” fece Nate, ma Chuck non li stava ascoltando. Guardò il cielo e vide una stella cadente. Cadde in modo obliquo, quasi una freccia rivolta a sinistra. Chuck respirò profondamente e prese la strada che la stella pareva avergli indicato. Si stava attaccando alle stupidaggini. Era assurdo, assurdo. Proseguì veloce nel vicolo, senza nemmeno più la consapevolezza degli altri che lo seguivano dietro. Aveva il cervello sgombro, l’unica cosa che gli importava, era vedere di nuovo Blair. Era concentrato a non pensare a cosa potrebbe accadere se le succedesse qualcosa. Pensava solo al suo profumo nelle narici, la pelle della mano nella sua, la sua voce squillante.
Quasi ad accontentarlo, si levò un grido. Forte, penetrante, di terrore. Di aiuto.
“È Blair!” la voce di Serena riempì l’istante di puro silenzio angosciante che seguì l’urlo. Non più a tentoni, ma guidati dalle grida, che si levavano a intervalli quasi regolari, i tre ragazzi corsero più veloce, e più veloce ancora.
Le grida si fecero sempre più acute, fino al silenzio. Tombale, innaturale, morto.
Le gambe di Chuck si fermarono di botto, come colpite da una spranga di metallo. Cercò di rimanere in equilibrio sui suoi stessi piedi e contemporaneamente di mettere a fuoco la scena che aveva davanti. Blair a terra, esanime. Un uomo con un giubbotto di pelle nera come la notte si stava curvando su di lei. Rideva con il suo amico. La stessa risata dei ragazzi di prima, sempre acuminata e senza gioia. Non fece in tempo a pensare. Chuck gli si scagliò addosso con tutta la rabbia che montava il suo petto. Spense la sua risata.
L’amico, dopo un attimo di incredulità e spaesatezza, fece per intromettersi.
Nate intimò a Serena, che fissava la scena inorridita, di stare lontano e si gettò a fermare l’altro tizio. Con le mani tremanti, 1… no, 9… 1… 1.
Avrebbe voluto andare da Blair, ma aveva le gambe paralizzate dall’orrore. Osservava non vista la lotta a quattro, non sapendo dove guardare. Ora il sangue di Blair, che giaceva a terra pallida e spettrale, afflosciata su di sé, ora il pugno che Nate ricevette sull’orecchio, ora la ginocchiata di Chuck, che costrinse il tipo più grosso in ginocchio. Guardava la scena paralizzata, come se il suo cervello avesse perso ogni diritto di comando sui nervi e sui muscoli.
Le sirene in lontananza. I due tizi strattonarono come poterono Chuck e Nate sbattendoli con tutte le loro forze, con le ultime forze rimaste, contro il muro. Scapparono via, nei vicoli privi di luce. Nate rimase a terra, a pancia all’aria, respirando l’aria pungente, ringraziando di avere ancora un naso per farlo, anche se probabilmente rotto. Sentì la voce di Serena, vagamente lontana, dire a un poliziotto qualcosa su un giubbotto di pelle nera. Distinse le parole “amica aggredita”.
Poi sentì dei passi che si avvicinavano al muro più lontano da loro, quello ai cui piedi giaceva Blair. Era Chuck, che faticosamente si stava trascinando verso di lei. Si fermò solo un secondo a osservare il rivolo di sangue che le scendeva dalla tempia. Poi la prese tra le braccia, dandole dei colpetti sulla faccia, chiamando il suo nome ripetutamente.
Nessuna risposta.
Ancora niente.
Si chinò su di lei.
Appoggiò la testa sul suo petto, in attesa.

“No… non sparire… non sparire” sussurrò disperato Chuck baciandole la fronte, nella speranza di sentirla calda e tremante.
Passarono secoli. No, no, passarono anni, o forse ore, sicuramente molti minuti con moltissimi secondi.
“Se domani sparissi te ne accorgeresti?” Blair aprì gli occhi lentamente.
Chuck riprese a respirare. Si chiese istantaneamente come avesse fatto a rimanere tutti quei secondi senza tirare fiato. Senza sentire l’aria colpire i polmoni.
Sentire quel flebile sussurrò dava quasi pace alle aggressive pulsazioni della sua tempia destra, dove aveva ricevuto un pugno corredato da qualcosa di così duro da non poter certo essere nocca di mano.
“Che domanda idiota”
“Rispondimi” sussurrò Blair richiudendo le palpebre stanche.
“Si. Lo sai. Ma resta una domanda idiota” la prese in braccio. Blair appoggiò la testa al suo petto. Tentava di muovere qualche muscolo del viso per fargli sapere che era con lui, che non si doveva preoccupare. Saliti sulla macchina della polizia Blair crollò. Non seppe se era sonno o se era svenuta. Sapeva solo che era felice.
Il suo desiderio era stato esaudito.
 
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Gloredhel
Posted on 6/9/2009, 11:54




wow che combattimento!!! Tutti lì per lei...oh il NJBC *___*
 
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marci#
Posted on 8/9/2009, 01:06




Ora una piccola svolta xD

21. Favole, la sostanza dei sogni
Blair

Tragici segreti.
Li aveva chiamati così.
Ma era davvero così tragico?
Davvero valeva la pena farsi quasi uccidere per quello?

Guardando indietro ripercorse quelle stupide frasi del volantino. Citavano anche le sue patetiche scenate, quando aveva scoperto che il suo allora fidanzatissimo Nate era andato a letto con la sua migliore amica, Serena
Uno stupido tradimento. Uno stupido divertimento.
Non le faceva male che Nate l’avesse tradita all’epoca. Tanto tempo fa, così tanto tempo fa che quasi non le sembrava fosse nemmeno più la sua vita. Non che la rinnegasse, ma era una vita lontana da sé, di cui non ricordava altro che cieco dolore e falsa gioia.
Non era nemmeno arrabbiata per Serena. Non era più quella ragazza. Ora non l’avrebbe mai tradita. Non sapeva come faceva a saperlo, ma Blair lo sapeva. Non era più la biondina che si imbottiva di alcol e droga. Non voleva più solo quello. E sapeva con certezza, che la Serena che le stava accanto ora, non l’avrebbe mai fatto.
Non si sentiva delusa, né arrabbiata.
Era infuriata, perchè era stata un'ingenua.
Sentiva di aver sprecato tempo e spazio a voler essere qualcosa che non era. Ad amare persone che non la amavano. Almeno non quanto le aveva amate lei. Aveva la tragica, si tragica, impressione che quel tempo non le sarebbe più stato restituito.
Ma non valeva la pena farsi uccidere per questo.

Blair Waldorf sgranò gli occhi e ispirò la lieve brezza profumata di margherite selvatiche.
Un profondo sospiro, ma quasi impercettibile, della durata di un secondo e si voltò a osservare la stanza. Il bianco vivo costrinse le sue palpebre a richiudersi.

Una volta. Una sola altra volta era stata ricoverata in un ospedale.
Non aveva mai dimenticato quel bianco, quel bianco così pallido e scialbo che era proprio solo delle stanze d’ospedale.
Ancora una volta però, accanto a lei c’era Chuck.
Era seduto accanto al letto bianchissimo e respirava a ritmo con il suo cuore.
Aveva gli occhi semichiusi, il colorito sembrava ambientarsi perfettamente con i colori della stanza, ma si accorse subito che si era svegliata.
C’erano le margherite, di cui aveva sentito l’odore appoggiate sul comodino.
“Era ora” disse Chuck stropicciandosi gli occhi. Sembrava esausto.

Per tutte le volte che lo aveva considerato un diavolo, per tutte le volte che l’aveva disprezzato, che l’aveva allontanato, che l’aveva semplicemente ignorato, non si poteva dire che Chuck non ci fosse stato per lei. Anche quando l’aveva mandato via. Per questo l’aveva tanto colpita quel discorso al matrimonio di Bart. “Davanti al vero amore non ti puoi arrendere e basta, anche se l’oggetto del tuo desiderio ti supplica di farlo” e lei l’aveva supplicato tante volte. Di lasciarla in pace, di farsi i fatti suoi, di girare alla larga. Eppure Chuck spuntava sempre.
Era stato un consigliere quando aveva bisogno di un consiglio, un amico quando aveva avuto bisogno di conforto, una spalla quando aveva avuto bisogno di piangere, un pugno nello stomaco quando agognava la verità.
Per questo non si stupì di vederlo lì accanto a lei, con i capelli spettinati e la camicia un po’ stropicciata. Doveva aver dormito accanto a lei.
Era il crepuscolo. Dalla porta semichiusa si intravedeva il bianco corridoio deserto.
“Davanti al vero amore”. Era davvero servito a qualcosa passare un anno a chiedere a Chuck di dirle che la amava dopo quelle parole? Aveva definito il loro “vero amore”. Non si riferiva certamente a Bart e Lily. L’aveva guardata con quello sguardo strano, quello sguardo che finora aveva visto riservare solo a lei. Quello sguardo che dice più di mille parole, di mille discorsi, di mille e mille stupidi “ti amo”. Il suo orgoglio, la sua paura non l’avevano accettato così com’era. Un ragazzo fragile, con scarsa autostima, incapace di dire ti amo alla ragazza che ama per paura di vederla soffrire. Guardandolo ora, capì che non avrebbe mai più cercato di cambiarlo. Mai più l’avrebbe costretto. Non era onesto. Era crudele. Chuck Bass non meritava questo. E non meritava di venirsi privato della sua preziosa fama di insensibile bastardo. Blair prese quei pensieri e li sigillò. Non ne avrebbe fatto parola con nessuno, tantomeno con Chuck.

“Ho sognato che mi ero persa. Tu eri così spaventato… ma non importava a nessun altro”
Era notte fonda, ma nessun altro a parte Chuck era ancora passato a trovare Blair, che giaceva nel letto d’ospedale con la testa fasciata e un gran mal di testa.
“Non c’era anche Serena là?” provò di nuovo dopo qualche secondo Blair, ma Chuck sembrava non volesse darle una risposta. Si guardava le mani, e sembrava stranamente nervoso. Una pausa. “Hai sognato sul serio?” disse lui alla fine, ironico.
Blair fece uno dei suoi sorrisetti. Uno di quelli che teneva da parte per le conversazioni sarcastiche. “Beh… no, in realtà credo di aver sognato un cartone animato, ma non sono sicura che fosse Cenerentola o Il re leone”
“Esattamente la stessa cosa, hai solo confuso i topi con i leoni ”
Blair tirò fuori debolmente la lingua.

Sia il telefono di Blair che quello di Chuck trillarono all’improvviso.

Le nostre più vive condoglianze!
Ho sentito che più di una famiglia è stata distrutta stanotte, e la regina, che forse regina non lo è più, è stata prima umiliata, poi aggredita. Cosa ci siamo persi!
Dopo tutto, con il college abbiamo fatto un salto in avanti. Non ci si può aspettare sempre i soliti noiosi scandali della scuola superiore.
Solo i soggetti sembrano non cambiare mai.
Ancora condoglianze alla nostra cara Van der Humprey family!
xoxo
 
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Gloredhel
Posted on 8/9/2009, 11:25




CITAZIONE (marci# @ 8/9/2009, 02:06)
“Ho sognato che mi ero persa. Tu eri così spaventato… ma non importava a nessun altro”

che fai mi citi i linkin park??? I dreamed I was missing, you were so scared...[but no one would listen] cause no one else cared (Leave out all the rest)

XDDD

wow che bel capitolo riflessivo...dove sono ns?? da quel bacio mi mancano *___*

Edited by Gloredhel - 8/9/2009, 23:13
 
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marci#
Posted on 8/9/2009, 22:06




Sai che ti adoro?<3
Cioè, di tutti quelli che hanno letto questo capitolo [una decina di persone direi] sei stata l'UNICA a riconoscere la citazione *___*

Si, in effetti è un po' che mancano, ma adesso soffrono tutti un attimo per la dipartita, poi si ricomincia xD

23. Steso ; freddo ; immobile
the family

Il prete era in procinto di pronunziare il discorso funebre. Sferzato dall’aria della sera settembrina, incominciò a parlare nel più assoluto silenzio. Molta gente era accorsa, ma se prima il chiacchiericcio era fitto, ora era come se le nuvole nere che sovrastavano New York fossero scese in quel piccolo angolo di terra. Un silenzio e una compostezza innaturale abbracciavano ogni cosa.
“ Barbara, la morte arriva e porta via tutto. Tutto ciò che eri, tutto ciò che sei e quello che saresti potuto essere. Arriva e non la puoi scacciare. Arriva dentro di te, come un treno in corsa.
Arriva e ti entra dentro, sradicando ogni tua più piccola certezza.
Arriva e cambia le cose. È questo il motivo per cui abbiamo paura della morte.
Essa rompe i tuoi equilibri, riducendo ogni consapevolezza e ogni più piccola certezza a blanda insicurezza e paura. Vorresti che tutto avesse avuto un significato. L’ha avuto?
Spera di non dover morire con nessun rimpianto, e nessun rimorso. La morte arriva sempre. È inutile raccontarsi che c’è tempo, che sei giovane, perché non è così. La morte è destino crudele che raggiunge ogni luogo in ogni momento, senza suonare il campanello, senza avvisarti mai. E allora fai in modo che quando arriverà, tu sia pronto.
Assicurati di aver amato. Assicurati che qualcuno ti abbia amato.
Assicurati che qualcuno ti abbia perdonato. Assicurati di aver perdonato tu.
Assicurati di aver avuto uno scopo, un motivo, un compito.
Assicurati di aver almeno provato a portare a termine quel compito.
Se te ne sarai assicurato, morirai, ma non morirai da solo”

Queste parole suonavano come battacchi inferociti nella loro testa. Cinque vite spezzate, l’una stretta all’altra, l’una accanto all’altra su quelle stupide sedie bianchissime.
Sapevano che quelle parole dovevano valere qualcosa, che avevano ragione, dopo tutto.
E ce l’avevano, tanto che sentivano in ogni fibra del loro essere quella sensazione di gelo, di fredda solitudine. Li avevano resi orgogliosi? Gli avevano voluto bene abbastanza?

Serena pensò a quante volte non l’aveva nemmeno ascoltata, Lily. Il suo desiderio di essere costantemente al centro dell’attenzione, lei, la più bisognosa di affetto, sempre lei. Non aveva mai pensato a quello che potesse provare la madre. Quanto doveva aver sofferto, ad esempio, quella volta che per il suo bene, le aveva chiesto di far uscire dalla sua vita Rufus. Solo per il suo stupido capriccio di stare con Dan Humprey. Quanto tempo le aveva fatto perdere. Fissò l’erba colorata di rugiada e per un momento le si annebbiò la vista.

Accanto a lei Eric. Il più piccolo. Il più saggio. Il più fragile.
Tutto quel tempo a cercare un equilibrio, tutto quel tempo a cercare di capire chi veramente lui fosse. E ora ripensava al momento in cui aveva consapevolmente deciso di tagliare la sua vita. Niente aveva più importanza, si sentiva debole, deriso, stanco.
Solo al mondo con il peso dei suoi pensieri e delle sue paure. Aveva deciso di tagliare, perché sentiva come se non avesse mai potuto essere felice. Come se quella parola “felicità” avesse deciso di ignorarlo, di non bussare mai alla sua porta, di far finta che lui non ne avesse il minimo bisogno.
Eric guardò la sorella, in piedi alla sua sinistra. Gli teneva la mano. Stretta forte, come a non voler lasciar scappare anche lui. La guardò e non avrebbe mai voluto vederla così angosciata e vulnerabile. Capì che se fosse morto quella volta, avrebbe inflitto lo stesso dolore che ora sentiva dentro alle due persone che più lo avevano amato. Le sue guance si colorarono di vergogna e pentimento.

Jenny Humprey fissò il corpo di suo padre. Steso. Freddo. Immobile.
Le testa rimbombava della sua voce. Le mani tremavano incontrollate al ricordo delle sofferenze inflittegli. Nella bocca il sapore della colazione, dei pranzi che preparava ogni giorno. Sconfitta dai ricordi, scappò piangendo.

Dan Humprey fissò silenzioso la sorella correre via. Con un gesto molto infantile si pulì la faccia con la manica della giacca nera pece. Fece per alzarsi, per raggiungerla. Aveva la testa sgombra, pulita, come se un’enorme tromba d’aria avesse aspirato tutto, non lasciando altro che cocci. Ma c’era qualcosa nella sua testa, forse proprio solo un piccolo tagliente coccio che lo avvertiva ancora di quello che doveva fare per sopravvivere.
Gli aveva detto di mangiare, il giorno prima, di bere, anche se non ne aveva voglia. Ora gli diceva di correre dietro a quella piccola anima persa.
Quasi meccanicamente si alzò dalla sedia e altrettanto meccanicamente si risedette quando un mano lo bloccò afferrandogli il braccio.

Chuck Bass aveva di nuovo perso qualcuno che amava. Gli seccava ammetterlo, ma voleva bene a Lily. Anche se l’aveva ritenuta responsabile della morte del padre, era stata per lui un genitore molto più di quanto non lo fosse mai stato Bart.
Pensò alle persone che aveva perso nella sua vita. Prima la madre, mai conosciuta.
Poi il padre, che mai l’aveva veramente accettato. Ora Lily.
Si sentì come maledetto. Il fatto che un’altra gli fosse stata tolta però aveva aperto in lui il varco della consapevolezza: doveva proteggere chi gli era rimasto. Guardando Blair, seduta accanto a lui con la benda che ancora gli fasciava la testa, comprese che non avrebbe mai permesso che gli accadesse qualcosa. Mai.
Jenny Humprey gli corse davanti. Dan fece per seguirla, ma lui lo fermò.
Con un occhiata che valeva più di mille parole fece sapere a Dan che aveva bisogno di essere lasciata sola. Il solo ricordo della giornata del funerale di suo padre era abbastanza per conferirgli la competenza adeguata. Sapeva, almeno pensava di sapere, come Jenny si sentisse e per la prima volta nella vita, Dan si fidò di lui. Si risedette come un automa al suo posto, sospirando piano.
 
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Gloredhel
Posted on 8/9/2009, 22:12




noooo morti!!! Lily e Rufus noooooooo (ho appena finito di vedere la 2x25 XD)

CITAZIONE (marci# @ 8/9/2009, 23:06)
Sai che ti adoro?<3
Cioè, di tutti quelli che hanno letto questo capitolo [una decina di persone direi] sei stata l'UNICA a riconoscere la citazione *___*

davvero?? Beh i Linkin Park sono la mia vita ERGO li adoro e riconosco le canzoni XDD
 
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marci#
Posted on 8/9/2009, 22:33




CITAZIONE (Gloredhel @ 8/9/2009, 23:12)
noooo morti!!! Lily e Rufus noooooooo (ho appena finito di vedere la 2x25 XD)

CITAZIONE (marci# @ 8/9/2009, 23:06)
Sai che ti adoro?<3
Cioè, di tutti quelli che hanno letto questo capitolo [una decina di persone direi] sei stata l'UNICA a riconoscere la citazione *___*

davvero?? Beh i Linkin Park sono la mia vita ERGO li adoro e riconosco le canzoni XDD

E dopo questo, ti adoro ancora di più *-*
Quella comunque è la mia canzone preferita loro e NON dopo Twilight, come pensano tutti, la amavo già da prima <3

Si, sorry, li ho dovuti far fuori XDD [la 2x25 *____* "can you say it twice?" ]
 
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Gloredhel
Posted on 8/9/2009, 22:41




io invece con Somewhere I Belong, che sta in Meteora (l'album che mi ha cambiato la vita!). Pensa che sono pure iscritta al Linkin Park Underground, il fan club!! Anche se lì tutti i contest dove si potrebbevincere qualcosa di interessante sono riservati agli statunitensi ò_ò

siii il "can you say it twice??" *___* e pretendo una cosa analoga per SN nella season 3!!!!!!!!!
 
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Kassandra Black
Posted on 9/9/2009, 00:04




letto fino all'undicesimo, ma jenny mò da dove se ne esce? xD Nate caro mio però un pò confuso lo sei, vuoi serena?rimani accanto a Serena bello mio xD marci mi piace sempre di più e chuck e blair sono fantastici as always^^
 
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marci#
Posted on 9/9/2009, 00:18




CITAZIONE
io invece con Somewhere I Belong, che sta in Meteora (l'album che mi ha cambiato la vita!). Pensa che sono pure iscritta al Linkin Park Underground, il fan club!! Anche se lì tutti i contest dove si potrebbevincere qualcosa di interessante sono riservati agli statunitensi ò_ò

siii il "can you say it twice??" *___* e pretendo una cosa analoga per SN nella season 3!!!!!!!!!

La conosco!!<3 oddio è bellissima, anche a me piacciono un sacco! *voleva nascere in america ç__ç*
Comunque assolutamente io ESIGO una cosa del genere per Serena&Nate, non vorrei proprio che una cosa così la facessero per i Darena e niente ai nostri Serenate... Lì poi mi arrabbio.

CITAZIONE
letto fino all'undicesimo, ma jenny mò da dove se ne esce? xD Nate caro mio però un pò confuso lo sei, vuoi serena?rimani accanto a Serena bello mio xD marci mi piace sempre di più e chuck e blair sono fantastici as always^^

Sandra grazieeeee<3
Nate confuso è un must XD ma avrai capito per chi dei due simpatizzo di più XDD
Chuck&Blair... *_____*grazie, cerco si non renderli banali, ditemi che ne esce!
 
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Gloredhel
Posted on 9/9/2009, 11:35




non sono affatto banali, anzi!!
 
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marci#
Posted on 10/9/2009, 00:46




Thank you, davvero davvero ♥

24. Sympathy for the devil
The family ; Blair ; Nate ; Chuck ; Serena

Erano già le sette passate quando i ragazzi, raccogliendo ogni forza si avviarono verso casa. Vanessa e Dan erano riusciti a recuperare Jenny, che si era rifugiata sotto un enorme pioppo in una via laterale del cimitero. Era un classico cimitero americano, con il prato ben tagliato, le grosse lapidi di marmo e le statue degli angeli. Jenny si era appoggiata a quell’albero stranamente più grosso degli altri, e aveva ritrovato la calma.
Avevano deciso di andare tutti a casa Van Der Woodsen dopo che Jenny aveva quasi spaccato un timpano al fratello, che gli aveva consigliato di andare a prendere almeno dei vestiti a casa, prima. Lei in quella casa non ci voleva più mettere piede.
Il viaggio fu piuttosto silenzioso, rotto solo da radi colpi di tosse.
“Dov’è la mamma?” Jenny esplose a un certo punto.
“Bloccata in aeroporto. C’è stato un casino con un tizio che non aveva i documenti… quindi credo che non ce la farà per stasera” Dan rispose scandendo bene le parole, la voce insolitamente roca. Nessun altro disturbò la calma di quel viaggio.
Serena stava pensando a Nate. Non avrebbe voluto, non in quel momento. Ma vedeva il suo viso limpido stampato nella sua testa. Continuava ad aver davanti quella scena.
Doveva posare quel fiore sulla tomba, e poi abbandonarla per sempre. Per sempre. Non l’avrebbe vista mai più. Mai più. E a sostenerla c’era lui. Serena non l’aveva visto tra di loro. Non c’era da nessuna parte, sebbene inconsciamente l’avesse cercato con gli occhi.
E poi con quel fiore in mano, nel punto più difficile, il punto del distacco, dell’addio, l’aveva stretta a sé. Senza dire una parola l’aveva abbracciata e senza volere, si era sentita meno sola. Voleva dire qualcosa?
Serena vedeva il suo riflesso biondo rispondergli dal vetro del finestrino.

Ognuno si chiuse nelle sue stanze. Blair decise di non raggiungere né Chuck, né Serena. Aveva il vivido ricordo di ciò che era successo quando aveva seguito Chuck dopo la morte del padre. Non se ne pentiva, ma sapeva imparare. Entrò tra di loro dalla porta e andò ad accomodarsi sul divano. Non sapeva come comportarsi con loro, e questo la faceva impazzire. E la faceva impazzire il fatto di averli fatti preoccupare così tanto per nulla. Si toccò la benda che le fasciava la fronte e la rimosse, come a voler rimuovere il ricordo di quell’orrida, patetica esperienza. Tutto sembrava così insignificante al confronto di quello che gli era capitato adesso.
Li salutò con una mano e li seguì con lo sguardo mentre salivano silenziosamente le scale.

Nate suonò il campanello più piano che poteva. Ma il campanello ha sempre la stessa intensità, suona sempre la stessa squillante melodia, qualsiasi pressione tu possa infliggergli. Blair aprì immediatamente la porta. “Sei tu… entra”
“Chi credevi che fossi?”
“Stanno per arrivare i giornalisti. Secondo Chuck non si fermeranno certo perché oggi è il giorno del funerale”
Nate tirò su le sopracciglia, come per darle ragione.
“Serena?” tentava di sfumare la sua voce in modo che apparisse interessato-ma-non-troppo, ma non gli uscì niente di buono. Blair lo fissò incredula e scocciata per un minuto, poi disse “in camera sua” una pausa. Vedeva gli occhi di Nate vagare sulle scale.
“Non puoi andare. È stanca, sta riposando” aggiunse, fredda.
“Non ne avevo intenzione” mentì Nate. Infilò le mani in tasca e sentì a contatto con la pelle un pezzo di carta. Doveva essere la foto di Serena e Lily che aveva rubato quella volta. Il suo sguardo si spostò dalle scale e iniziò a vagare per l’enorme stanza illuminata a giorno. I quadri parevano fissarlo, crudeli e indagatori.
Blai provava fastidio, non gelosia. Non era assolutamente gelosa di Nate, non più oramai. Aveva passato fin troppo tempo a cercare di legare il suo cuore a quello di Nate, ma quello aveva sempre sciolto i nodi, liberandosi, agognando qualcosa di migliore.
Per fortuna, pensò.
Ed era esattamente quello che voleva per Serena. Qualcosa di migliore. Pregò dentro di sé che Nate non si fosse di nuovo invaghito di Serena, era l’ultima cosa di cui la ragazza aveva bisogno.
“Devo parlarle però” Nate fece la faccia seria e concentrata e guardò Blair.
“Per…?” nel fare quella domanda si sentì improvvisamente a disagio sul divano di pelle.
“Devo dirle una cosa che riguarda suo padre”
La mente di Blair si popolò di domande, una più strana dell’altra, ma non seppe più spiccicare parola.

Sapeva esattamente quanto tempo era passato. Quattro ore. Otto minuti. Quindici secondi. Ora sedici. Qualcuno bussò alla porta, distogliendo Serena dalla conta che le occupava il cervello. Chuck entrò nella stanza. Era buia, la finestra volutamente chiusa.
“Stanno arrivando i giornalisti. Ci vogliono interrogare”
“Mandali via, non voglio”
Annuendo, Chuck rispose “Ho già fatto chiamare la vigilanza”
Da seduta, Serena si distese sul letto, avvicinando le ginocchia al petto.
“In realtà… volevo sapere… se potevo fare qualcosa per te. Odio sentire frasi come «so come ci si sente», quindi non te lo dirò, ma se vuoi parlare sono abbastanza bravo ad ascoltare”
All’improvviso seppe che c’era qualcosa che gli voleva dire. Ci aveva pensato solo un attimo, poi aveva scacciato l’idea, ma ora sentiva davvero dentro di sé che doveva farlo.
“C’è una cosa che ti voglio dire, in realtà”
Sorpreso e comprensivo “Dimmi” disse.
“Chuck… mi dispiace” la voce incrinata, rotta.
La sorpresa ora era completamente visibile nella ruga che si formò sopra l’occhio di Chuck. “E per cosa, scusa?”
“Per non aver capito. Per essere stata un’idiota insensibile al funerale di tuo padre… io… pensavo solo a me, a Dan e a Aaron… io ti giuro che pensandoci ora mi sento…” un piccolo singhiozzo. Chuck continuava a fissarla, basito.
“Puoi perdonarmi?” lo supplicò. Lo stesso silenzio innaturale del pomeriggio ora era sceso dentro casa. Si scrutarono per un po’.
Alla fine Chuck le sorrise.
Serena non era abituata a vedere Chuck sorridere. Aveva un sorriso particolare, così gioioso che quasi stonava col suo animo tormentato, con quell’immagine che così ostinatamente voleva dare di sè. Lo osservò conoscendo già la sua risposta.
“Com’era?... Ah «Assicurati di aver perdonato». Credo che dovrò depennarlo dalla lista” Sorrise anche Serena e Chuck uscì dalla porta, silenziosamente com’era entrato.


Allora qui c'è un'*altra* semi/mezza citazione, forse questa però la becca di più Sandra XDD
[quanto sono scema? Quanto? XD]
 
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Gloredhel
Posted on 10/9/2009, 11:40




infatti non l'ho trovata stavolta XDD

comunque bel capitolo!! Soprattutto per i miei NS e per nate che si finge interessato-ma-non-troppo XDDD dopo averla abbracciata *____*
 
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marci#
Posted on 11/9/2009, 01:02




Sapevo che avresti apprezzato le divagazioni Serenate *___* sto per farli soffrire un pochetto, ma devo ancora sistemare i capitoli, intanto uno Chair<3

Ah, per la citazione xD : una era quella di Chuck alla fine, si riferisce all'altro capitolo, ma ce n'è un'altra più sottile che riguarda un altro telefilm xD

25. It’s a romantic thing

Chuck uscì da camera di Serena sospirando.
Aveva voglia di vedere Blair. Non sapeva se l’avrebbe trovata lì, o se se ne fosse andata via.
Raggiunse il salotto strisciando silenziosamente.
Aveva bisogno di qualcuno che gli dicesse che sarebbe andato tutto bene. Tremendamente bisogno, anche se non l’avrebbe mai ammesso nemmeno con se stesso. Si disse durante il breve tragitto che aveva voglia delle sue labbra, del suo corpo, del suo profumo, anche se inconsciamente sapeva con chiarezza, con limpida chiarezza, che voleva lei. Voleva Blair, voleva il suo essere Blair, voleva la ragazza che lo amava e senza la quale la sua vita era una grigia nebbia cristallina.
Una fitta di cupa gelosia gli morse lo stomaco. Era la sensazione che sentiva ogni qual volta vedeva Blair con Nate. Ultimamente con chiunque altro giovane prestante che non fosse lui, ma quel particolare sentimento era nato nel momento esatto in cui l’aveva vista con Nate la prima volta dopo la notte al Victrola. Era arrivato a ricattarla, solamente per non dover più sopportare la vista di quei due insieme.
Blair era però seduta su una poltrona, Nate era mezzo sdraiato sul grosso divano. La ragazza lavorava febbrilmente, ma con grazia, con il cellulare nella mano, mentre Nate sfogliava svogliato una rivista. “Ho già letto pagina quarantadue tre volte” si stava lamentando il ragazzo. “È una rivista di moda, Nate, non c’è proprio niente da leggere” disse Blair senza distogliere gli occhi dallo schermo illuminato di bianco vivo.
“Dicevo la didascalia” si giustificò lui, arrossendo solo lievemente sotto gli occhi.
Blair guardava quel display, ma pensava a Chuck. Pensava disperatamente a come farlo sentire meglio. Intercorreva tra di loro una strana specie di empatia. Quello che lui sentiva si rifletteva come in uno specchio nei sentimenti di lei. Non ne avevano mai parlato, ma lei lo sentiva. Sentiva che una specie di legame stretto con la corda la legava a Chuck. Quella corda che non aveva mai voluto stringersi veramente a Nate, aveva imparato a fare i doppi nodi con Chuck.
Ma che cavolo poteva fare, lei? Dirgli che andava tutto bene? Non è vero. Dirgli che andrà tutto bene? Non è vero. Abbracciarlo, forse.
Chuck si schiarì la gola. “Hey, amico! Come va? Tutto a posto?” iniziò Nate sbattendo lontano la rivista. “Potrebbe andare meglio in realtà” oltre alla gelosia, c’era anche la storia del ristorante. Chuck Bass perdona ma non dimentica. Distolse subito gli occhi da Nate e li posò delicato su Blair. La ragazza smise di fare qualsiasi cosa stesse facendo e lo guardò comprensiva. Una sensazione di disagio pervase Nate, che capì all’improvviso di essere di troppo. Vado a vedere come sta Serena. Ho aspettato abbastanza, pensò. Blair lo guardò con sguardo simil-assassino, ma non si sentì di dire nulla. Se Nate davvero sapeva qualcosa sul padre di Serena, glielo doveva dire al più presto. Sparito Nate, Blair si avvicinò svelta a Chuck.
“Sei stata qui tutto questo tempo?” le chiese lui cingendole la vita con le braccia.
“Volevo esserci se aveste avuto bisogno” disse lei pianissimo.
“Grazie” le sussurrò lui nell’orecchio, ancora più piano.
Improvvisamente Blair però lo scostò e si mise addosso la faccia nervosa.
“Che c’è?”
“Allora… ho pensato…” Sembrava davvero nervosa. Si torceva le mani, ma sorrideva.
“insomma, io dovrei consolarti, e cose del genere giusto?” non lo guardava negli occhi.
“Beh, non è scritto da nessuna parte” Chuck, decisamente divertito da tutto quel nervosismo.
“Beh, ma tu sei il mio ragazzo, quindi è mio dovere, o qualcosa di simile!”
Chuck non riusciva a capire dove volesse andare a parare.
“Intendo che forse ci dovremmo… ecco… abbracciare”
Chuck continuava a non capire dove diavolo volesse andare a parare.
“Blair, che cavolo stai…?”
Ma lei lo interruppe prontamente. “Non ci siamo mai abbracciati”
“Cosa? No, non è vero, noi ci siamo abbracciati un mucchio di volte…” disse Chuck pensando a tutte le volte che l’aveva stretta tra le braccia, che le aveva accarezzato i capelli di seta. Tutte le volte che l’aveva saputa sua, esclusivamente sua.
“No, non intendo il sesso e le acrobazie, intendo… un vero abbraccio… tipo…” corse al divano, afferrò un cuscino e tornò davanti a Chuck. Abbracciò forte il cuscino. “Tipo questo. Non so… se mia madre morisse vorrei che mi abbracciassi così” disse le ultime parole molto velocemente e con un tono di voce quasi impercettibile.
Chuck sorrise compiaciuto. “Blair Waldorf è romantica, chi lo sapeva?”
Blair rise a quella citazione. “Tu. E questo è tutto quello che importa”
Come quella volta, la strinse a sé, la baciò, ciondolando a destra e a sinistra, sentendosi il peso di lei tra le mani. Sentendosi la responsabilità della sua vita tra le mani.
Si staccarono. Lei lo guardò per un attimo e seppe che era il momento giusto.
Gli buttò le braccia intorno al collo e lo abbracciò.
Dopo il primo secondo di piacevole sorpresa a quella sensazione mai provata, Chuck la abbracciò di rimando. Stettero qualche secondo così. Le mani di lei incrociate attorno al suo collo e le sue strette attorno alla sua schiena. Sentì la guancia di lei farsi più calda a contatto con la sua. Chuck posò le sue labbra sulla spalla di lei, affondando il viso. Se anche fosse passato qualcuno dietro di loro, probabilmente non se ne sarebbero accorti. Staccandosi Blair gli sistemò un bottone della camicia e lo guardò seria “Non dirlo a nessuno però”
“Ma se lo sanno tutti che sei una romanticona!” rispose lui rubandole il cerchietto e tenendolo più in alto che poteva.
“Chuck Bass, restituiscimelo immediatamente!” disse mentre cercava di riprenderselo. Lui si diresse veloce verso la cucina.
Forse, solamente forse, era riuscita a farlo sentire almeno un po’ meglio. Blair lo inseguì con un gran sorriso soddisfatto.
 
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65 replies since 25/8/2009, 22:28   859 views
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